Una promessa che pesa come un macigno

Parlare della nascita delle mie figlie per me non è facile. Quando ci provo finisco per piangere. Ci sono un sacco di motivi. Ci sono un sacco di emozioni. Anche adesso che sto solo pensando a come scrivere questo post, ho delle grosse difficoltà. Le parole non scorrono. Sono ferme. Ho una diga che le trattiene.

LA NASCITA

La nascita è sempre un evento bello. Speciale. La nascita di un figlio è la cosa più magica che ci sia. Una emozione fortissima. Per me è stato come cercare di calmare una tempesta. Troppe cose da gestire, troppe cose da pensare. Per la prima volta mi sono reso conto che non potevo fare niente. Me la ricordo come fosse ieri la nascita di 2010. L'8 luglio del 2010. Era un giornata caldissima. Io in balia delle emozioni. Mia moglie terrorizzata dall'idea che non sarei potuto entrare con lei in sala operatoria. Nove mesi di attesa, tutti a spiegare la bellezza del parto, ed adesso a cercare di capire come funziona un cesareo. Podalica uguale cesareo.

LA PAURA

Così ti ritrovi a salutare la persona che più ami sentendoti dire "si vada a bere un caffè intanto". Un caffè. Ma che cazzo sta dicendo. Rimango in piedi davanti alle porte che danno alle sale operatorie. Sono li. Ad un certo punto una dottoressa mi chiede che cosa ci faccio davanti alla porta. Gli spiego. "Venga dentro, sono io il chirurgo, decido io chi entra": Così mi ritrovo in sala operatoria, seduto di fianco a mia moglie. Parlano dei mondiali di calcio in sala operatoria. Ed io terrorizzato cerco di essere calmo, ironico, gentile e sicuro per mia moglie che continua a guardarmi. In sala operatoria le emozioni non esistono. E forse è meglio così. Ma tu le emozioni le senti e le vivi. Non ti rendi nemmeno conto che senti piangere tua figlia. E' una femmina. Non lo sapevamo fino a quel momento.

INGIUSTIZIE

E così invece di stare con la mamma, 2010 viene messa in braccio a me. Mia moglie l'ha potuta solo guardare. Mia moglie me lo aveva ordinato "stai sempre con la piccola". E così ho fatto. L'ho seguita sempre. Ma ho lasciato sola mia moglie. Emozioni che ancora oggi fanno male. Mi ritrovo seduto su una poltrona, in mezzo ad una decina di neonati piangenti. Guardo 2010 e gli dico: "Non preoccuparti il tuo papà di proteggerà sempre".
Non dovevo esserci io la. Quel posto era di mia moglie. 

RIVINCITE

Nonostante mia moglie non abbia potuto vivere il parto come lo aveva sognato (tutte e tre sono nate con un cesareo, eravamo più preparati, ma le emozioni sono sempre le stesse), il dopo lo ha vissuto con grande determinazione. Ha allattato tutte e tre, ed è una mamma stupenda. Ha sofferto e soffre ancora oggi per questi tre cesarei, e non abbiamo mai potuto parlare della nascita delle nostre figlie come avremmo voluto. Troppe emozioni contrastanti.

PROMESSE

"Non preoccuparti il tuo papà ti proteggerà sempre" é la promessa che ho fatto a tutte e tre. Sempre su quella poltrona. Sempre qualche minuto dopo la nascita. Sempre con il pensiero a mia moglie che era in sala operatoria. Hai in braccio la vita e pensi alla morte. I rischi ci sono sempre. Ma quella è stata la prima volta che ho pensato alla morte.

LA MORTE

Era la vigilia di Natale del 2014. Ero in cucina. I suoceri in salotto. "2013 ha 39 di febbre" mi dice mia moglie. Ed io per la prima volta ho sentito un colpo al cuore. Scoprirò che si chiamano "extrasistole", ma io in quel momento ero terrorizzato. Ovviamente ho tenuto tutto sotto controllo. Mica potevo rovinare la Vigilia di Natale. Nei successivi 5 anni, di visite cardiologiche ne ho fatte un bel pò. Nulla di grave. Ma di nuovo ritorna il pensiero della morte.

VIVERE

Quello che più mi manca adesso è la vita. Quella spensierata. Quella senza programmi. Il pensiero che io possa morire mi terrorizza (pensiero molto egoista, visto che una volta morto, non avrei grossi problemi). Una volta manco ci pensavo. Una volta non facevo promesse che non potevo mantenere. Forse ho esagerato. Sicuramente ho mentito. Il sempre non esiste. O forse si? In questi anni però ho imparato che le emozioni non si controllano. Ho imparato a piangere. Sto cercando di imparare come accettare le cose così come sono. Visto che non posso più controllarle dicono sia meglio accettarle. La vita non esisterebbe senza la morte. Yin e yang. L'unica cosa che posso fare è cercare di onorare la promessa ogni giorno, cercando di trasmettere alle mie figlie tutto il mio amore così che se un giorno arriverà la morte, non cancellerà la promessa, ma la farà vivere in ogni gesto, scelta, passo fatto dalle mie bimbe. 

Commenti

  1. Sai, mio papà ha subito un trapianto di cuore nel 2003. Si era ammalato quando io ero appena nata e da allora ha convissuto con una malattia che l'ha portato al trapianto giusto poco prima che accadesse il peggio. Ed è rimasto con noi altri 15 anni, ha vissuto le nostre lauree, i nostri matrimoni, la nascita dei suoi nipoti. È mancato questo autunno, ma sono grata per il tempo che ha trascorso con noi.
    Non vivere con il terrore della morte. Vivi grato per il tempo che passi con chi ami. Non sappiamo quanto tempo ci sia concesso su questa terra, perciò godiamo al meglio di ciò che abbiamo!
    Sei un grande papà, circondato dell'amore di piccole e grandi donne.
    Sii felice!
    Ti auguro ogni bene.
    Un abbraccio forte forte!

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  2. Mamma mia, Lorenzomi hai commosso! NOn so come sia un parto cesareo ma le emozioni del parto sono sempre fortissime, per la mamma e per i papà presenti. Con i gemelli, io ho rischiato grosso e mio marito mi ha raccontato solo dopo mesi la paura della morte che ha avuto, il senso schiacciante di responsabilità, pensando a cosa poteva accadere.
    Anche io mi commuovo ancora a ricordare ma, in un modo o nell'altro, sono queste emozioni fortissime che ci rendono vivi e ci ricordano quanto sia bello esserlo, vivi.
    Da cio' che scrivi alla fine del post, direi che stai facendo la cosa giusta, per te e le tue figlie: il meglio che ti è possibile, senza dare nulla per scontato.
    Spero di riuscirci anche io con i miei!

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    Risposte
    1. Le emozioni molto forti è difficile raccontarle. Pensi sempre che gli altri non le possano capire. Peró come dici tu ci rendono vivi, ma per farlo serve raccontarle. Altrimenti rischi che ti schiacciano. E poi quando le racconti ti rendi conto che sono emozioni non solo forti, ma anche molto comuni. Ti senti più "normale". Ed in questi casi la "normalità" fa bene.
      Grazie per il commento
      Un saluto
      Lorenzo

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